Padre Anastasio Curzola, OFMda Donna forte
Due esistenze, P. Sosio e M. Antonietta, che erano dotate più che di risorse intellettuali, di un grande cuore, in cui trovano comprensione ed aiuto le penose e gravi situazioni altrui, e che avevano tratto dal ripiegamento sulle sofferenze e indigenze umane un coraggio che ha dell'ardimento, per cui non temevano di chiedere, di insistere, di premere per la propria causa, riuscendo a suscitare ammirazione e comprensione, e arrivando ad ottenere anche là dove altri avevano bussato invano.
Oggi l'eredità d'ideale e di opere ha penetrato completamente l'Istituto, che cresce a meraviglia di tutti, in numero di Suore e di attività, che abbraccia una vasta gamma di opere assistenziali ed educative, e che giustamente può guardare con fiducia all'avvenire, perché lo spirito dei due Fondatori tiene vivo e rende urgente l'ideale che li decise a muovere i primi passi della loro vocazione.
Padre Giacinto Ruggiero, OFMda Donna forte
Suor Antonietta Giugliano ebbe i natali a New York l'undici luglio del 1909 da genitori afragolesi. La mamma, Antonietta Moccia, donna di rarissime virtù, volle che la figlia, l'ultima della serie di tre, si chiamasse anche lei Antonietta perchè si sentisse sostituita almeno nel nome giacché presentiva imminente la sua fine (avvenuta poi quando Antonietta aveva l'età di cinque anni). La nascita e la fanciullezza di Antonietta Giugliano sono avvolte in un alone leggendario di poesia e di sogno: le vie della Provvidenza si divertivano ad attirare, fin dal nascere, le attenzioni su questa creatura destinata ai fastigi della gloria di Dio. Fin da piccola fu accompagnata da suo padre Francesco Giugliano, uomo di talenti eccezionalissimi (si pensi che nella sua vita ben più di venti volte in quel tempo è andato e tornato dall'America del Nord), presso le Suore di Regina Coeli a Napoli perchè fosse educata ed istruita. Ma la piccola Antonietta aveva già una sua personalità ben definita e distinta per cui, in breve tempo, imparò tanto che ritenne superfluo continuare nella via dello studio, anche se i suoi volevano per forza destinarvela.
Nello studio fatto ed in quello che farà in seguito, da sola, coi lumi divini, centralizzò un ideale che per Lei resterà basilare e concreto, insostituibile e luminoso, fondamentale e pratico: l'ideale della volontà di Dio! Intorno a questo ideale volle lavorare con tutte le forze dell'anima sua e del suo cuore. In questo ideale s'affisse, in questo ideale divenne tetragona fino ad acquistare il tono e le sembianze, il carattere e la fede della donna forte. Questa fortezza in Dio fu lo schema al quale ispirò tutte le azioni della sua vita. Sentiva perciò la chiamata a servire Dio e Lui solo, non tra le Catechiste, non tra le Figlie della Carità, non tra le Suore di Santa Marta, né in altri Istituti religiosi; Antonietta invece voleva servire Iddio, da religiosa, in un Istituto suo, tutto suo, in un compito nel quale la sua personalità rifulgesse e si consolidasse sempre più. Il resto fu fatto dalla divina Provvidenza.
Un giorno, nel lontano 1932, s'incontrò col francescano Padre Sosio del Prete che così le parlò: «Figliuola mia benedetta, voi volete uscire fuori dal vostro paese per fare il bene; cominciate invece dai vostri poverelli, da quelli che sono qui nel lazzaretto di Afragola». Con questa norma fu gettata luce nel cuore di Antonietta e fu costituita idealmente la Congregazione delle Piccole Ancelle di Cristo Re. Da quel giorno tutte le avversità si diedero convegno giacché il demonio, prevedendo il bene che ne sarebbe derivato, scaraventò contro Madre Antonietta, che aveva preso l'abito religioso il 20 ottobre del 1935, tutte le sue malefiche forze. Ingiurie, calunnie, tentazioni, ostacoli, avversità, maldicenze inaudite, sospetti, incomprensioni, congiure si accanirono a renderne sempre più difficile l'opera. Ma Iddio, nella sua misericordiosa vigilanza, Le diede tanta fortezza di spirito e di corpo sicché Ella agevolmente superò tutto portando il suo ideale a felice compimento. Mancava la sofferenza fisica e venne anche questa: dura, dolorosa, inesorabile; ma anche questa fu sopportata con fortezza inaudita fino all'estremo agone della sua vita quando la Madre - così si chiamò poi - con le proprie forze, risollevandosi dalla prostrazione nella quale era caduta a causa del suo male, benedicendo le sue figlie, le Piccole Ancelle, intorno al suo letto di morte, disse: «Voglio fare sempre, unicamente la volontà di Dio» e spirò soavemente nel Signore alle ore 9 dell'otto giugno del 1960. Le sue virtù che non si contano come le sue opere, la sua fede incrollabile come la speranza nella vita eterna, la sua carità senza limite Le avranno certamente meritato il premio eterno.
On. Giovanni Leone, Presidente della Camera da Donna forte
Roma, 25 maggio 1961 - Noi tutti ricordiamo con riconoscenza Suor Antonietta Giugliano, Fondatrice di una prospera Congregazione religiosa e di un Istituto di larga e diffusa attività educativa, per il fervore degli alti ideali religiosi e civili che La ispirarono e la Sua capacità organizzativa di eccezionale rilievo.
La migliore celebrazione della Sua figura sta nella vasta rete delle sue opere al servizio del progresso sociale.
On. Angelo Raffaele Jervolino, ministro da Donna forte
Suor Antonietta Giugliano è grande perché è umile. Le sue Opere saranno perenni perché dettate dall'amore e fondate sull'umiltà.
Quando il compianto Padre Sosio Del Prete veniva a casa mia in Napoli a chiedere consiglio o aiuti per le «Piccole Ancelle di Cristo Re», io con molto garbo ma con decisione Gli manifestavo la mia poca simpatia per il moltiplicarsi di nuove Congregazioni Religiose, pensando alla grande perplessità di Don Bosco, nonostante il Suo genio organizzativo e l'affermazione sicura degli «Oratori festivi». Avevo, inoltre, dinanzi agli occhi vivo il ricordo delle istituzioni, da me visitate, di padre Ludovico da Casoria – che ha rivissuto, nel senso pieno della parola, S. Francesco d'Assisi – le quali, nonostante la santità ed il dinamismo apostolico del loro Fondatore, non hanno avuto lo sviluppo proporzionato alla grandezza del predetto Figlio dell'Assisiate.
Pensavo nell'intimo del mio animo che – morto il tanto venerato ed amato Padre Sosio – la Istituzione, da Lui voluta, avrebbe avuta vita grama. Tali mie perplessità manifestai al Padre Sosio in occasione dell'acquisto del fabbricato in San Giuseppe Vesuviano e prima ancora quando le « Piccole Ancelle di Cristo Re », arditamente, vollero sostituirsi alle «Orsoline » che avevano istituito, in quel Comune, e diretto per molti anni, l'Istituto Magistrale Parificato.
Devo confessare che non conoscevo ancora, in quell'epoca, le qualità personali e le virtù di Suor Antonietta Giugliano e, perciò, sul piano umano potevo avere ragione.
Quando, invece, conobbi la Fondatrice delle «Piccole Ancelle di Cristo Re» pensai istintivamente alla grande collaboratrice di Don Bosco – confondatrice delle «Figlie di Maria Ausiliatrice » – e dovetti ricredermi. Non è possibile, né credo sia prudente, fare comparazioni tra le «anime folgorate dalla grazia di Dio» capaci di rispondere generosamente alla chiamata del Padre celeste e donare alle anime tutto ciò, che hanno avuto dal Creatore: mente, cuore, energie fisiche, doni economici, se posseduti. Del «Santo» non vi è un «tipo unico»: ogni Santo ha la sua «caratteristica personale». Nota comune del «Santo» è: amare Dio, amare il prossimo, versare nel cuore dei propri fratelli il «fiume di amore» che ha come sorgente unica: Dio.
Non so perché – vedendo Suor Antonietta e studiandone, anche sommariamente, il carattere – io pensai a Maria Domenica Mazzarello.
Visione chiara e lungimirante dei problemi, coraggio nel sostenere gli argomenti che riteneva conformi al bene, volontà decisa a superare tutte le difficoltà, comportamento semplice ma dignitoso: queste le virtù naturali di Suor Antonietta.
Le virtù soprannaturali sono rivelate, più che dalle Sue Opere, dalle disposizioni del Suo «Testamento spirituale».
Chi è abituato ad individuare la «spiritualità» di un'anima – che veramente ama il Signore e ne vuole attuare gli insegnamenti – va alla ricerca della «virtù regina»: la umiltà.
L'umiltà, insegnano i Padri della Chiesa, è fondamento di ogni altra virtù. In Suor Antonietta è viva e dominante la «umiltà». «Mi inginocchio davanti a tutte le mie Consorelle così come già ebbi occasione di fare nell'ultimo Capitolo Generale nella nostra Casa Religiosa di Castellammare di Stabia... » così Ella scrive nel Suo testamento.
Suor Antonietta è «grande» perché «umile». Le Istituzioni di Suor Antonietta saranno perenni perché dettate dall'amore e fondate sulla «umiltà».
Le «Piccole Ancelle di Cristo Re» diventeranno sempre più numerose, sempre più attive, sempre più apostoliche se – a somiglianza della loro Fondatrice – sapranno «amare il prossimo» e lavorare in «umiltà di cuore». Suor Antonietta, parafrasando il Cristo, ripete alle Figlie Sue amatissime – oltre che con il Suo esempio che è ancora vivo nel ricordo di quanti la conobbero – «Imparate da me che fui umile».
Questa è la sintesi luminosa della vita di una «Donna forte e cristiana» che speriamo la Chiesa vorrà presentare a noi come «Eroina della Fede».
Questa è la fonte inesauribile delle virtù umane e sociali di Suor Antonietta che io – come uomo politico e, prima ancora, come padre e cittadino - prego Iddio sia la sorgente miracolosa alla quale dovranno, perennemente, attingere le «Piccole Ancelle di Cristo Re» che voglio salutare: «Primavera cristiana della Chiesa del Cristo».
On. Crescenzo Mazza, sottosegretario di Stato da Donna forte
è un anno che il grande cuore di Suor Antonietta Giugliano ha cessato di battere. Il Suo passo appesantito dall'età, non molta, e dalle fatiche, moltissime, non si ode più per i corridoi delle vostre case di lavoro e di preghiera. La Sua voce non giunge ormai alle vostre orecchie che dalla lontananza dell'eternità dove i Santi continuano, in beatitudine eterna, le opere di bene cominciate in questa terra.
Questo significa che, non vista e non sentita, Suor Antonietta è ancora qui, è fra noi ed è nel mondo a sorreggere, incoraggiare e dirigere di continuo l'opera da Lei intrapresa.
E deve essere così secondo me; così e non diversamente, perché può bene il mondo distrarci con i suoi rumori, la vita prostrarci con le amarezze, la voce dei Santi cresce col passare del tempo. Ed il tempo stesso non fa che testimoniarne l'utilità e il disinteresse, fino al punto, io credo, che se potessimo per un attimo sottrarci alle nostre vanità e alle nostre angustie, sentiremmo finalmente la voce di Cristo ripetere dolcissima la Sua dottrina in tutto il mondo. La sentiremmo, io credo, con l'accento di Paolo di Tarso, pieno di carità e con la voce soave di Francesco d'Assisi, piena di poesia; la sentiremmo con l'amore che consuma Chiara d'Assisi e con la volontà gaia e patetica insieme di Antonietta Giugliano.
A proposito di Chiara, la Santa che fuggì una notte per la porta dei Morti del suo castello, quanta rassomiglianza trovo in Suor Antonietta con lei!
La stessa ansia, non di fuggire ma di servire il mondo con opere di carità e di edificazione, con lo stesso metodo di vita, d'una vita vissuta come in un sogno di eternità che dura per esse dal giorno che, fatta a Cristo l'offerta della propria giovinezza, s'accorsero entrambe che solo lo Sposo Celeste poteva riempire le angustie dell'anima umana. Forse la stessa caratteristica un po' disinteressata, un po' divertita di fronte ai giudizi del mondo.
Anche Suor Antonietta, non si pone nemmeno il problema di ciò che si dirà di Lei. Anche Suor Antonietta lascia gli agi, per la porta segreta che il mondo non vede, in osservanza ed omaggio del detto Evangelico: «Solo chi passerà per la porta stretta entrerà nel regno dei cieli». E anche Lei si fa apostola del Suo stesso zelo religioso, suscitandosi intorno le vocazioni.
Chiara pellegrinerà perseguitata dai suoi, piccola ragazza bionda come la vediamo in Simone Martini fra l'eremo di Bastia, il Monastero delle Agostiniane e la Porziuncola, sorretta dalla fede in Dio e dall'aiuto di Frate Francesco che va, nientemeno, elemosinando per se stesso e per Lei il disprezzo del mondo, a caritativa conferma del loro grande amore per gli uomini.
Così la nostra Suor Antonietta quando credette di uscire dal mondo dopo l'invocata e concessa vocazione, si accorse invece che vi entrava e vi entrava nei suoi angoli più nascosti e dolorosi; quelli appunto che il mondo usa tener celati a tutti, meno che ai Santi, per un suo pudore schivo e un suo sperimentato scetticismo.
Vi entrava nel pieno della lotta, perché il mondo usa far così con i Santi; se pur ne ostacola le virtù, ne chiede l'aiuto in quanto l'aiuto dei Santi può far giungere ai singoli la pienezza della Salvezza che Cristo vi pose dall'alto del Suo patibolo.
Chiara, finalmente raggiunta l'oasi di S. Damiano fra i cipressi che sopravanzano i muri e Rio Torto a valle che inargenta il paesaggio, si raccolse intorno, nello spirito di Francesco d'Assisi, le sorelle che venivano da ogni canto dell'antica terra. E furono Agnese, Gigliola, Ortolana a tante altre, cui, la già bionda sposa di Cristo, ed or colomba d'amoroso olocausto, prima che una regola scritta, s'industria di dare esempio di vita cristiana.
Così Antonietta Giugliano, ancora una volta così, raggiunto il posto della prima casa religiosa fondata da Lei, alle consorelle che vengono chiedendo come le Vergini sagge del Vangelo: «Dicci Tu che lo sai, dieci che dobbiamo fare per ricevere lo Sposo?» risponde: «Guardiamoci intorno, quello che dovremo fare non lo so né io né voi; ma se ci guarderemo intorno con occhio di amore ce lo rivelerà il Signore».
Ebbe inizio così senza sembrare, questo moderno apostolato delle Piccole Ancelle di Cristo Re per assolvere il ministero educativo in un mondo che se molto ha guadagnato in altre cose, in quanto ad educazione rischia di perdere anche quel poco che aveva. Educazione voglio dire come Suor Antonietta la concepiva, lontana cioè ed aliena da ogni schema pedagogico ed ispirata invece ai principi eterni della salvezza; educazione che è prima un reperimento della verità attraverso l'amore dello Spirito Santo e poi un metodo di vita conforme a tali verità, attraverso e con lo aiuto della Santità del Figlio che s'immola a tal fine ogni giorno per noi.
A questo punto la Sua opera se non completa era in fondo definita e chiara nei Suoi propositi e nella sua utilità. Sorgeranno quindi la Clinica San Pio X di Afragola, gli orfanotrofi di Frattamaggiore, Portici, Boscoreale, Castellammare di Stabia, S. Giuseppe Vesuviano, Torre Annunziata, e vari mendicicomi. Sorgeranno soprattutto in ogni orfanotrofio gli asili infantili e le scuole elementari; la scuola media inferiore di Torre Annunziata, la scuola media inferiore e l'Istituto Magistrale superiore di S. Giuseppe Vesuviano, gli istituti professionali di Frattamaggiore e di Torre Annunziata, due scuole di avviamento professionale a tipo industriale e a tipo marinaro a Portici, tutti parificati, l'asilo infantile S. Filippo Neri di Lauro di NoIa, la casa di soggiorno estivo per gli assistiti a Scauri. Così una folla di beneficati quotidianamente viene assistita, 500 vecchi, 1350 fanciulli, una popolazione scolastica di circa 4.000 unità, attraverso l'opera di una comunità che ormai raggiunge i 300 componenti tra i quali almeno una sessantina con titolo di studio vario, dalla licenza media inferiore alla laurea. Queste le opere realizzate con la fiduciosa fedeltà collaborativa delle Sue consorelle e con un attaccamento, che noi medici a torto definiremmo morboso, al Suo dovere e alla Sua Congregazione. Ma non e tutto qui; oltre alle opere Ella ha creato una volontà che continua, un amore per il prossimo che divampa. Queste opere che già sbalordiscono noi, oasi di pace, altari di carità, centri d'insegnamento, tutti però fonte di fede, non sono che il seme lasciato a voi, «Piccole Ancelle di Cristo Re», dalla vostra Fondatrice affinché nel fervore del vostro caritativo e dinamico sforzo quotidiano la Sua volontà, incrementata e moltiplicata dalla Provvidenza, sia fatta crescere, fiorire, fruttificare con, tante altre opere a lode della Sua vita, del Suo inestinguibile ricordo, a testimonianza del1a vostra devozione.
Card. Carlo Maria Martinida La vita religiosa nella Chiesa, pp. 22-25, 27-29
Consideriamo ora l'esemplarità religiosa di Suor Antonietta, nel desiderio di capire il suo progetto interiore, la fonte che nutriva la sua interiorità.
- Il senso di Dio. Già abbiamo sottolineato come fin da bambina aveva avvertito profondamente il senso di Dio, aveva intuito che l'uomo è creato per Dio, che Dio è tutto per l'uomo, non è lontano, ma è presente, vicino, è con noi.
Questo senso di Dio, a poco a poco, ha invaso la sua esistenza, si è fatto grido della presenza di Dio nel mondo, un grido che ha illuminato la sua vita, che ha messo ordine nei suoi giorni, che ha dato valore e sapore a tutte le sue azioni.
Ripeto quanto ho detto nella prima parte del mio intervento: non si può parlare di vita consacrata se non si ha alla base quel senso di Dio, da cui deriva l'atteggiamento radicale di lasciare tutto per il Signore, fino a esclamare: Sei Tu il mio tutto, la mia eredità, la mia gioia, il mio bene, il mio tesoro; Tu sei per me e io per Te. E la formula biblica dell'Alleanza espresso nel Cantico dei Cantici: «Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me» (6.3).
Per Madre Antonietta era vero che «Dio solo basta», parole che noi usiamo un po' troppo facilmente, mentre in lei era divenuta una verità vissuta ogni giorno.
- Il senso di Cristo. Il senso di Dio, che dava l'orientamento fondamentale a tutta la sua vita religiosa, si concretizzava poi nel senso di Cristo, nella scelta di Cristo, Verbo Incarnato, e quindi nel bisogno impellente di seguirlo secondo tutte le implicazioni evangeliche della sequela, cioè di imitare i misteri di Gesù, in particolare di Gesù obbediente, povero e casto. Ella si sforzava di mettere in pratica i consigli evangelici in modo da trasfigurarli in beatitudini: lasciava vivere in lei l'obbedienza e l'abbandono totale di Gesù al Padre, accettando calunnie, maldicenze, sospetti,ostacoli, prove e sofferenze fisiche come parte della sua comunione con Gesù. Lasciava vivere in lei la povertà di Gesù, come scelta di essere ricca solo del Padre; lasciava vivere in lei la dedizione di corpo, anima, cuore, mente, di Gesù, partecipando alla dimensione sacrificale di Gesù che realizza la sua figliolanza del Padre fino alla croce.
- Il senso della Chiesa. Insieme con il senso di Dio e di Cristo, Suor Antonietta ha vissuto un'altra componente essenziale della vita religiosa: il senso della Chiesa, e questo lo si legge in tutti gli eventi della sua esistenza. Non ha mai contestato, criticato, giudicato i superiori e la Chiesa. Fedelissima al papa e agli Arcivescovi di Napoli, alla Chiesa universale che leggeva nella Chiesa locale, pregava quotidianamente per la Chiesa, per i Vescovi, peri Sacerdoti, e ha voluto inserirsi nella vita della Chiesa per esprimere in qualche modo la fecondità spirituale.
Ma il primo servizio alla Chiesa è stato quello di impegnarsi non per cammini elitari, bensì per promuovere la santità quotidiana, popolare della gente, così da santificare la Chiesa, e per esercitare le opere di misericordia e di evangelizzazione proprie della stessa Chiesa.
- La preghiera. Infine, voglio ricordare quel succo quotidiano che ha animato e trasfigurato la vita religiosa di Antonietta: la preghiera. «Le sue preghiere erano brevissime, toccanti, assai frequenti», ha testimoniato una consorella. Viveva quindi la preghiera come mistero di grazia e di fede, come realtà di amore permanente e continuo, vivo e vivificante. «La sua ente – continua la consorella – era sempre assorta in un colloquio con il suo Dio fino al punto che le sue parole erano soltanto l'eco della sua interiorità».
Antonietta aveva un grado altissimo di preghiera, che suppone un dono mistico di Dio, ma che è tipico della preghiera in una vita di servizio. Non si è oranti nei momenti in cui si prega, e solo in quelli. Bisogna invece dare spazio nelle nostre giornate alla fede, speranza, carità. Per lei la vita di preghiera è stata tale e quale il suo spirito di fede che fa alla preghiera da supporto e da radice. Nel desiderio di compiere istante per istante la volontà di Dio, Antonietta non finiva mai di guardare a Gesù, di pensarlo, di vedere come agiva, per conformarsi a lui nelle vicende quotidiane e per avere in lei gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù [...].
Potremmo dire che il cuore di Madre Giugliano era un cuore da innamorata di Dio, un cuore ferito da una piaga inguaribile su questa terrea; e la beatitudine del cuore innamorato è una beatitudine misteriosa perché è un'esperienza di pienezza che non cessa mai di crescere. Come Teresa di Lisieux, che ella amava molto, è stata, nel cuore della Chiesa, l'amore, mostrando nella sua esistenza «l'infinita potenza dello Spirito santo mirabilmente operante nella Chiesa».
Dott.ssa Donatella Trottada Il Cantico della Carità
Mi sembra che il richiamo più forte di Madre Antonietta Giugliano, in questi nostri tempi, sia allora quello del valore (e della possibilità per tutti, malgrado tutto) della santità universale, laica come religiosa. Una santità intessuta di piccole cose, come in Francesco di Assisi o in Teresina di Lisieux, non a caso ispiratori costanti della fondatrice dell'Istituto delle Piccole Ancelle di Cristo Re.
Monsignor Bruno Fortedalla Introduzione al volume Il Cantico della Carità
«C'est à vous, théologiens, de faire parler la charité»: «il vostro compito, teologi, è far parlare l'amore». Con queste parole una "santa" dei nostri giorni, Petite Soeur Madeleine de Jésus, recentemente scomparsa, mi accolse quando fui chiamato a parlare alle Sue figlie provenienti da tutto il mondo di colui, il Cristo Gesù, che ella aveva voluto seguire «aveuglement», «ciecamente», in totale abbandono. Queste parole mi son subito venute in mente per tentare di esprimere nella maniera meno infedele il compito che l'autrice si è assunta in queste pagine, perché ciò di cui esse parlano – la storia di Antonietta Giugliano, fondatrice delle Piccole Ancelle di Cristo Re – non è che una storia di amore, un «cantico della carità».
Far parlare l'amore non è compito facile: la carità «non si vanta, non si gonfia... tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,4.7); la carità è feriale, umile e concreta, contagiosa nel suo silenzio, aperto sulla vita.
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