Piccole Ancelle di Cristo ReCause di Beatificazione e Canonizzazione dei Fondatori |
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Il Servo di Dio Padre Sosio Del Prete * Frattamaggiore 1885
† Napoli 1952 |
La vita |
La Serva di Dio Suor Antonietta Giugliano * New York 1909
† Portici 1960 |
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Padre Sosio Del Prete (al secolo Vincenzo) nacque a Frattamaggiore (provincia di Napoli, diocesi di Aversa) il 28 dicembre 1885, pochi mesi dopo la morte del beato Ludovico da Casoria. Nel novembre 1901 entrò nel noviziato della Provincia di Napoli e Terra di Lavoro dei Frati Minori, con sede nel convento di S. Giovanni del Palco in Taurano (diocesi di Nola); vestì quindi l'abito religioso, emettendo i voti temporanei nel 1902, quelli perpetui l'8 dicembre 1905. Il 12 marzo 1910 fu ordinato sacerdote. Conseguito il diploma in composizione e direzione d'orchestra presso il Conservatorio di S. Pietro a Majella in Napoli, condusse fino al 1930 un'esemplare vita sacerdotale e spirituale, dedicandosi alla musica e assolvendo diversi incarichi di comunità, con particolare dedizione alla confessione ministeriale. Grande compositore, la sua musica esprimeva la profondità del suo animo sacerdotale e la ricchezza della sua interiorità, che si alimentava ai sacramenti e ad una incessante preghiera: le sue composizioni ancor oggi riescono a comunicare il calore della sua fede, la forza della sua speranza, l'intensità della sua carità verso Dio e verso il prossimo.
Destinato al convento di S. Antonio in Afragola in provincia di Napoli, nel vedere la situazione di estremo disagio morale e materiale delle vecchie e dei vecchi abbandonati, affamati e ammalati, decise di volgere ogni sua energia al servizio degli ultimi. Fu la visione di una vecchia abbandonata a convertire il suo cuore, a far risuonare nel suo animo l'appello irreversibile alla carità. Lo stesso Servo di Dio ha descritto quell'avvenimento: «Quando il povero Padre entrò in quell'abitazione, ebbe una stretta al cuore nel constatare lo stato di completo abbandono in cui giaceva la povera inferma. Non un lume, non un poco di fuoco, non un medicinale, non un capo di vestiario che servisse da indumento; non una sedia né alcunché che avesse potuto lenire qualche sofferenza. Era avvolta tra miseri cenci e si dibatteva tra convulsioni e deliri di una febbre altissima. Un povero giaciglio su due rozze tavole ed una panca tutta sgangherata, formavano tutto l'arredamento di quella misera stamberga. Il buon Padre Sosio Del Prete prodigò a quella povera donna ogni cura del sacerdotale ufficio, la munì dei conforti religiosi e non l'abbandonò fino a che non l'ebbe vista morire calma e rassegnata». Più tardi, ricordando la sua azione a favore dei poveri e quasi facendo un bilancio della sua vita, avrebbe scritto: «Ma dove intensificai questo apostolato di bene e di carità fu verso i bisognosi e verso i poverelli, o come io stesso li chiamavo, le pupille degli occhi di Dio. Amai assai i poverelli e da essi ero pure riamato con grande affetto, chiamandomi loro padre e loro Benefattore e loro amico. Per questo quando uscivo dal Convento ero seguito da una coda di poverelli e di ragazzi e a tutti davo qualche cosa o di cibo o di pane che per loro mi ero privato di mangiare a refettorio. Pensavo continuamente ai poverelli, e li provvedevo di quanto potevano aver bisogno; distribuendo loro, col permesso dei Superiori, tutto ciò che ricevevo dai benefattori o da altri». Proprio per organizzare sistematicamente il soccorso ai poveri, il 6 giugno del 1932 padre Sosio diede avvio all'istituto delle Piccole Ancelle di Cristo Re. Fu determinante la collaborazione con Antonietta Giugliano, la quale fu, con lui, Fondatrice dell'istituto religioso, che ottenne il convinto consenso e la piena approvazione del cardinale Alessio Ascalesi, arcivescovo di Napoli.
Non è facile passare in rassegna la straordinaria opera di bene cui padre Sosio, insieme a suor Antonietta Giugliano e con la collaborazione preziosa di suor Franceschina Tuccillo, diede vita dal 1932 al 1952: un "ventennio di carità" si potrebbe definire, che ha lasciato un segno perenne nella storia religiosa e sociale della provincia di Napoli, al cui interno si sviluppò inizialmente l'apostolato delle Piccole Ancelle di Cristo Re.
Padre Sosio fu la guida spirituale e organizzativa di queste coraggiose religiose, che costituirono un'avanguardia della carità in un territorio di grande povertà e miseria, armata della forza della preghiera e della volontà di operare a favore del prossimo, pronta a compromettere la propria esistenza nel nome di un apostolato di amore.
Cominciò così a svilupparsi con graduale progressione l'istituto delle Piccole Ancelle di Cristo Re: il primo gruppo di giovani, dedite all'opera, ricevette l'abito religioso per le mani del cardinale Ascalesi, il 20 ottobre 1935. Quest'azione di grande carità si sostanziò con una profonda adesione al magistero pontificio, in particolare a quello di Pio XI, che nell'enciclica Quas primas aveva richiamato la necessità di costruire in terra il Regno di Cristo. Padre Sosio, con sapiente pedagogia, non cercò di inculcare questo progetto apostolico ex cathedra, ma seppe trasfonderlo attraverso la propria testimonianza di vita, orientando le sue suore a costruire il regno di Cristo con la pratica della carità.
Su questo fondamento teologico, armonizzato con la sua vita, il Servo di Dio costruì la sua straordinaria opera, che si estrinsecò, in primo luogo, nella creazione delle diverse case del suo istituto: Afragola (1932), Torre Annunziata (1937), Boscoreale (1945), Napoli (1945), Portici (1946) e S. Giuseppe Vesuviano (1949).
La destinazione della varie case seguì sostanzialmente due fasi: tutela della vecchiaia dagli inizi alla seconda guerra mondiale; tutela ed educazione dell'infanzia e della gioventù abbandonata e assistenza ai malati, nel dopoguerra. I due scopi, peraltro, furono perseguiti congiuntamente e l'assistenza alla vecchiaia fu praticata anche dopo la guerra.
Oltre gli impegni istituzionali di ciascuna casa, furono molteplici le attività parallele, volte anch'esse all'assistenza e al benessere sociale degli ultimi, non disgiunti da una solida educazione religiosa.
A chi sa o ricorda le tragiche condizioni di vita delle vecchie e dei vecchi, dei bambini, degli orfani e dei malati nel periodo precedente, contemporaneo e successivo alla seconda guerra mondiale, non sfugge l'importanza sociale e civile delle opere caritative delle Piccole Ancelle di Cristo Re, sotto la guida di padre Sosio. Esse diedero un contributo alla salvaguardia e alla valorizzazione della persona umana, individuando settori sociali sprovvisti di ogni beneficio e svolgendo nei loro confronti una larga opera di soccorso materiale e morale, con un'importante prospettiva professionalizzante, che garantì a molti ragazzi svantaggiati l'inserimento nel mondo del lavoro e della produzione.
Le opere di padre Sosio e di suor Antonietta Giugliano ne rivelano, dunque, la capacità interpretativa delle condizioni del tempo e la saggia e dirompente presa all'interno di un contesto storico particolarmente critico: egli costruì importanti strutture tese non soltanto al soccorso immediato, ma capaci soprattutto di organizzare e costruire progetti di sicuro futuro, che incarnarono la speranza cristiana in tempi oscuri e difficili.
Questi oggettivi risultati di carità vennero ampiamente riconosciuti dalle autorità civili e religiose, che non fecero mancare un deciso sostegno, sia materiale che morale, ai Fondatori. Oltre all'arcivescovo di Napoli cardinale Alessio Ascalesi, furono vicini ai Fondatori il vescovo salesiano di Castellammare di Stabia Federico Emmanuel, il vescovo di Nola Michele Camerlengo, confratello del Servo di Dio, diversi ministri generali dell'Ordine dei Frati Minori, molteplici autorità politiche tra cui il sindaco di Napoli Giuseppe Buonocore e l'onorevole Ferdinando D'Ambrosio, autore dell'unico suo profilo biografico dal titolo Il padre della povera gente.
Come in tutti gli istituti religiosi ai loro albori, non mancarono difficoltà nella vita e nello sviluppo delle Piccole Ancelle di Cristo Re, che coinvolsero direttamente i Fondatori. Le problematiche di maggior rilievo, più che all'esterno, dove peraltro non mancarono ostacoli superati dalla loro forza di reazione e ampiamente sovrastati - come si è visto - da autorevoli riconoscimenti civili e religiosi, si concentrarono intorno a qualche isolato membro dell'istituto, evidenziando la fatica della crescita e, nello stesso tempo, la convinzione e la coerenza nel perseguire i propri ideali da parte di padre Sosio e di suor Antonietta Giugliano, indomiti difensori dell'intuizione carismatica della fondazione.
In piena obbedienza con le disposizioni delle autorità ecclesiastiche, padre Sosio contribuì con la sua azione, con la sua discrezione, con la sua incessante preghiera, con l'accettazione della sofferenza, con la sua "vicinanza spirituale", alla vita dell'istituto a cui, dopo Gesù Cristo, aveva donato, con il suo cuore, tutta la sua vita.
Nell'ambito di questa donazione di sé, spicca la particolare sensibilità cristocentrica del Servo di Dio, che si espresse soprattutto in un vivissimo amore per la passione di Gesù, che gli fece riconoscere nelle povere vecchie e nei vecchi cenciosi, negli orfani e nei "figli del popolo" quel volto amato e contemplato nelle innumerevoli ore trascorse in preghiera davanti al tabernacolo. Ma se Cristo fu riguardato e seguito sulla croce, padre Sosio non dimenticò mai che quella sofferenza aveva un valore salvifico, che era necessaria per vincere il male, che il mistero della passione non si arrestava al sepolcro, ma si completava con lo stupore della resurrezione. E fu proprio il Cristo glorioso, re dell'universo, che additò alle sue suore, il cui regno, però, doveva necessariamente coinvolgere in un progetto di redenzione i tanti poveri dell'umanità, incontrati prima ad Afragola, quindi nella città e nella provincia di Napoli e poi, nella prospettiva che la sua intuizione carismatica proponeva ma che egli non riuscì a vedere di persona, nell'intera realtà umana. La regalità di Cristo non aveva confini nazionali, barriere di lingua e di cultura.
Cristocentrismo significò per padre Sosio anche tenerissima e intensa pietà eucaristica. Anche quando il logorio della fatica fisica lo fiaccava, non rinunciava all'adorazione del sacramento, da dove attingeva vigore ed entusiasmo ovvero sfogava le amarezze dell'animo.
La sensibilità cristocentrica del Fondatore non fu mai separata dalla considerazione dell'importanza dei sacramenti. Oltre all'eucaristia, il Servo di Dio ebbe sempre particolare propensione all'apostolato del confessionale: sempre pensò al perdono sacramentale come alla più grande ricchezza della Chiesa e sollecitò il ricorso ad esso con frequenza, secondo una prospettiva alfonsiana, con grande comprensione e accoglienza per la debolezza e la fragilità dell'uomo. Fu un confessore misericordioso e molti attirò al sacramento della riconciliazione con la bontà dei suoi modi, il silente ascolto dell'animo pentito, il prudente e sereno conforto: non vi era rigore nel suo ministero, anche se ebbe un finissimo senso della propria umiltà e del proprio peccato, riconoscendo con fiducioso dolore i limiti della sua umanità.
Oltre alla confessione, il Servo di Dio ebbe una spiccata attenzione anche per gli altri sacramenti: in particolare, anche per la peculiare sensibilità alla morte, fu sollecito nell'amministrazione dell'unzione degli infermi, recandosi premurosamente dai moribondi. E fu proprio al capezzale di una vecchia ad Afragola che - come si è visto - avvertì con chiarezza, per la prima volta, la chiamata alla carità, che lo avrebbe indirizzato su un inaudito e irreversibile sentiero di amore.
La tenera preoccupazione per i moribondi fu correlata ad un'intensa cura degli infermi, che egli assistette, in ogni occasione, con grande amorevolezza, anche perché consapevole, in prima persona, delle devastazioni fisiche e psicologiche che la malattia comporta e dell'importanza ristoratrice del conforto, della vicinanza umana, dell'affetto. Creò ad Afragola la clinica S. Pio X.
La carità verso il prossimo, scaturita dalla fede, non distaccò mai padre Sosio dalla vita liturgica e dalla preghiera. Manifestò con la sua vita e insegnò alle sue suore l'importanza della liturgia, preoccupandosi con premurosa precisione della solennità delle funzioni, della pulizia degli arredi sacri, dell'abbellimento dei luoghi di culto, del canto liturgico. Né minore attenzione egli diede alla preghiera, che ritenne centrale nella vita sua e in quella dell'istituto: anche quando il lavoro apostolico era massacrante, il Servo di Dio dedicò sempre un congruo tempo alla preghiera, rivolgendosi a Dio sia attraverso la recita dell'ufficio divino e del santo rosario sia con un colloquio intenso e profondo.
Per quanto attiene alla devozione ai santi, il Servo di Dio manifestò grande sensibilità per i santi Pietro e Paolo, per sant'Antonio, per san Giuseppe, per san Vincenzo, suo nome di battesimo, e per san Sosio, patrono di Frattamaggiore, suo nome in religione. In qualità di frate minore egli esaltò soprattutto la sua figliolanza da san Francesco. Si commosse fino alle lacrime, quando a Roma incontrò, per la prima volta, il ministro generale, vedendo in lui il successore del Poverello d'Assisi. Si preoccupò ogni anno di preparare nelle case del suo istituto il triduo in suo onore, manifestando la sua devozione anche per le Stimmate e per la Porziuncola.
Ma fu nella tenera e filiale devozione alla Vergine che le corde del cuore di padre Sosio vibrarono con maggiore intensità. Ogni giorno e ogni qualvolta il tempo glielo consentiva recitava il rosario: fu particolarmente devoto alla Vergine del Rosario, organizzando vari pellegrinaggi con le sue suore a Pompei, e infondendo in esse la centralità della recita e meditazione dei vari misteri. Trovò sempre nella Vergine la consolatrice dei suoi affanni.
La fiducia nell'intercessione materna della Madonna si accompagnò ad una fortissima convinzione dell'intervento della provvidenza nella sua vita. La fiducia in Dio, che gli fece accogliere le prove e la sofferenza con rassegnazione e coraggio, si coniugò costantemente alla fiducia nella Chiesa, che si manifestò nella tenera devozione al papa e nell'obbedienza alla gerarchia. Padre Sosio amò profondamente la Chiesa, che avvertì sempre come madre.
Nei drammatici anni della seconda guerra mondiale, il Servo di Dio si preoccupò di chiedere alle sue suore di pregare insistentemente per la pace. La sua sensibilità francescana per l'armonia del creato gli fece rifuggire con orrore la guerra e la violenza, convincendolo della necessità di combattere le ideologie totalitarie del Novecento, ritenute una negazione del cristianesimo.
Se la fede fu il motore delle sue iniziative caritative e del suo insegnamento spirituale, occorre dire che essa non fu mai da lui considerata come un patrimonio acquisito una volta per tutte. Padre Sosio avvertì vivissimo il senso della propria umiltà e ciò lo indusse sempre a rinvigorire, con l'ausilio e il confronto con altri sacerdoti, le basi della sua religiosità, in un cammino costante di ricerca e di discernimento della volontà di Dio.
La fede fu il vero motore della vita del Fondatore: il Servo di Dio conservò integro questo patrimonio, arricchendolo, per tutta la sua esistenza, fino alla morte. La sua fu una fede granitica, una rocciosa corazza che lo guidò per i sentieri della vita, proteggendolo dai graffianti artigli della storia. La fede non fu mai per lui un abito esteriore: su di essa gettò le fondamenta dell'istituto delle Piccole Ancelle di Cristo Re e in essa cercò di affondare le radici più intime e profonde della vita delle suore. Vi si aggrappò come a potente ancora di salvezza, come ci si afferra a un albero in un fiume vorticoso.
Vi si aggrappò anche la notte tra il 27 e il 28 gennaio 1952: quando fu trovato morto a Napoli, la mattina del 28, stroncato dall'angina pectoris, teneva, stretto tra le mani, il suo breviario.
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ultima modifica: 13/05/2020 |
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